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Origine del Toponimo e cenni storici

Sull'origine del toponimo di Pamparato si danno due possibili spiegazioni:
la prima legata alla fertilità del terreno, tanto ricco da consentire il panis paratus, ossia il "pane pronto", senza eccessiva fatica, la seconda collegata alla leggenda secondo la quale gli abitanti del luogo, anticamente chiamato Mongiardino, assediati dai saraceni intorno all'anno 920 e ridotti ormai alla fame, avrebbero escogitato un ultimo espediente per allontanare gli assalitori: l'invio fuori dalle mura di un cane con in bocca un pane - forse l'ultimo - intriso di vino, per far credere ai nemici di avere abbondanza di viveri, inducendoli all'abbandono dell'assedio.

Questi, visto arrivare il cane col pane, avrebbero esclamato: "Habent panem paratum!", cioè: "Hanno il pane condito!" e, delusi, si sarebbero allontanati dal paese. Da panem paratum sarebbe derivato l'attuale nome, Pamparato.


Proprio da questa leggenda prende spunto lo stemma del comune, che raffigura un cane con in bocca una pagnotta, accompagnato da una colomba bianca con un ramoscello di ulivo nel becco, simbolo della pace e della libertà riconquistate.

Poco si sa di quanto avvenne in questi luoghi prima del 900.

Il ritrovamento di lapidi ed iscrizioni latine testimonia della presenza o comunque del passaggio dei romani, ma i primi documenti sul paese risalgono al 901, anno in cui il vescovo di Asti ricevette in dono dall'imperatore Ludovico III alcuni terreni del pamparatese.

Un atto stipulato il 10 settembre 911 testimonia le controversie sorte in quell'anno tra gli abitanti di Pamparato e quelli dei centri vicini per la definizione dei confini.

 Divenuto possedimento del marchesato di Ceva, il 5 maggio 1214 il paese venne ceduto al vescovo di Asti dal marchese Guglielmo e sotto la giurisdizione della diocesi astigiana rimarrà sino al 1768, avendo rifiutato nel 1388 e nel 1435 l'adesione alla neocostituita diocesi di Mondovì, così come previsto dall'atto ufficiale della sua istituzione, la bolla "Salvator Noster" di papa Urbano Vl (6 giugno 1388).
Fra il XIV e il XV secolo la giurisdizione civile su Pamparato passò alternativamente agli Angiò, ai Visconti ed agli Orleans. Nel 1391 anche questo centro si dotò di propri Statuti; il documento originario è conservato presso la Biblioteca del Seminario vescovile di Mondovì.

Nel 1531 Carlo 11 di Savoia ebbe assegnata dall'imperatore Carlo V la signoria su Asti e sul marchesato di Ceva, Pamparato ovviamente compreso che passerà sotto il loro controllo cinque anni più tardi.

Questi lo infeudarono a molte famiglie, tra le quali i Bonardi, gli Spinola, i Pasta, i Murazzano e i Gianassi; infine il feudo passò ai Cordero di Mondovì e Roburent che lo tennero sino al 1797, cioè sino all'abolizione dei titoli feudali.


In seguito Pamparato fu strettamente legato alle vicende di casa Savoia, a quelle dell'unità nazionale e nel secondo conflitto mondiale alla Resistenza.

Le sue valli videro infatti nascere alcuni tra i più importanti nuclei partigiani cuneesi delle formazioni autonome, che lottarono aspramente contro le forze nazifasciste; giustamente famosa è la battaglia della Val Casotto del marzo 1944.

Le numerose vittime della guerra di liberazione, civili e partigiani, sono ricordate da un semplice monumento eretto lungo la strada principale Pamparato-Valcasotto, appena fuori del paese, quale dovuto omaggio e a memoria futura, nella speranza che la storia sia per tutti maestra di vita.